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Grano: Coldiretti Puglia scelta coerente firma decreto etichettatura pasta


“E’ coerente con gli impegni assunti nei mesi scorsi e con la richiesta di trasparenza dei consumatori la firma del decreto interministeriale che impone l’indicazione obbligatoria dell’origine del grano sui pacchi di pasta, in linea con quanto precedentemente fatto per il latte e i prodotti lattiero caseari.  Un pacco di pasta su 3 prodotto in Italia è fatto con grano coltivato all’estero ed è per questo che il Decreto sull’etichettatura obbligatoria dell’origine del grano è fondamentale per creare la linea del discrimine tra chi fa spaghetti, maccheroni e orecchiette con grano pugliese e chi con grano canadese, russo o francese. I consumatori devono essere messi nella condizione di scegliere”. E’ il commento del Presidente della Coldiretti Puglia, Gianni Cantele, alla notizia della firma dei decreti interministeriali da parte del Ministro delle Politiche Agricole Martina e dello Sviluppo Economico Calenda per superare i ritardi UE. Con la decisione di accelerare sull’etichettatura di origine obbligatoria anche per la pasta e per il riso di fronte alle incertezze comunitarie si realizza un passo determinante nella direzione della trasparenza dell’informazione ai consumatori in una situazione in cui, però, 1/3 della spesa degli italiani resta anonima.

“Si sta assistendo ad un crescendo di navi che sbarcano fusti di oltre 200 chili di peso con concentrato di pomodoro cinese da rilavorare e confezionare come italiano – denuncia Angelo Corsetti, Direttore di Coldiretti Puglia - poichĂ© nei contenitori al dettaglio è obbligatorio indicare solo il luogo di confezionamento, non quello di coltivazione del pomodoro. Un commercio che può essere reso trasparente solo attraverso l’obbligo ad indicare in etichetta l’origine degli alimenti che attualmente vale in Italia solo per la passata di pomodoro, ma non per il concentrato o per i sughi pronti. A rischio c’è uno dei settori simbolo del Made in Italy nel mondo a causa della concorrenza sleale del prodotto importato, ma anche la sicurezza alimentare. Una delle regioni italiane piĂą colpite dal fenomeno del pomodoro clonato risulta proprio la Puglia. La sola provincia di Foggia è leader nel comparto con 3.500 produttori che coltivano mediamente una superficie di 26 mila ettari, per una produzione di 22 milioni di quintali ed una P.L.V. (Produzione Lorda Vendibile) di quasi 175.000.000 euro”. Dati ragguardevoli se confrontati al resto d’Italia con i suoi 55 milioni di quintali di produzione e i 95mila ettari di superficie investita: il 40 percento del pomodoro italiano viene proprio dalla Capitanata. A completare il quadro è da precisare che, pur essendo investiti a pomodoro 32mila ettari di superficie in Puglia, la maggior parte degli stabilimenti della trasformazione – in totale 223 – sono fuori regione, in particolare, 134 in Campania e 32 in Emilia Romagna.  E’ evidente, dunque, il danno arrecato alle imprese agricole pugliesi e alle produzioni tipiche e di qualitĂ  regionali – aggiunge Coldiretti Puglia - dalle 82.000 tonnellate di concentrato di pomodoro provenienti dalla Cina per produrre salse "italiane”.

Sono aumentate del 43% le importazioni di concentrato di pomodoro dalla Cina che hanno raggiunto circa 100 milioni di chili nel 2016, pari a circa il 20 per cento della produzione nazionale in pomodoro fresco equivalente, con un balzo record del 22,3% delle importazioni, superiore a quello delle esportazioni (+19,7%). C’è il rischio concreto che il concentrato di pomodoro cinese venga spacciato come Made in Italy sui mercati nazionali ed esteri – sottolinea la Coldiretti - per la mancanza dell’obbligo di indicare in etichetta la provenienza.

Di fronte all’atteggiamento incerto e contradditorio dell’Unione Europea che obbliga ad indicare l’etichetta per la carne fresca – denuncia Coldiretti - ma non per quella trasformata in salumi, per il miele ma non per il concentrato di pomodoro, per il pesce ma non per il grano nella pasta, per la frutta fresca ma non per i succhi, l’Italia che è leader europeo nella trasparenza e nella qualità ha il dovere – conclude Coldiretti - di fare da apripista nelle politiche alimentari comunitarie con un profonda revisione delle norme sul codice doganale nel settore agroalimentare, che pretendono paradossalmente di chiamare addirittura farina italiana quella ottenuta dal grano straniero macinato in Italia.

A livello comunitario - continua la Coldiretti - il percorso di trasparenza è iniziato dalla carne bovina dopo l’emergenza mucca pazza nel 2002, mentre dal 2003 è d'obbligo indicare varietà, qualità e provenienza nell'ortofrutta fresca. Dal primo gennaio 2004 c’è il codice di identificazione per le uova e, a partire dal primo agosto 2004, l'obbligo di indicare in etichetta il Paese di origine in cui il miele è stato raccolto.
21/07/2017








   
 


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